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Era profumo di zagara nel sole
sulla sponda d’un sorriso
mentre le costeggiava
le labbra ad occhi chiusi,
d’una carezza era fatto il vento
e di petali il velo a riparo dei suoi seni
dalle sue mani evanescenti,
lontane, ma calde e deliranti.

Era di zagara il balsamo
che si spalmava all’orizzonte
dove una vela traghettava
l’anima desiosa d’emigrare altrove,
lì dove i gabbiani dipingono le nubi
col candore delle ali.

Era zagara l'effluvio dell’onda
dove lo scoglio lambito, austero
risplendeva luminoso sotto il sole.

Sirà e la sua lama, fendeva con orgoglio
i sogni d'un passato trascorso
senza parole o nei silenzi,
arcobaleni d’un’eterna estate.

Sirà il principe venuto dall'ignoto,
il mago del pensiero sulle frequenze
d’ogni muto suo sentire
seduto sui gradini del suo regno
a contemplare acerbe sensazioni
in un sogno, un cerchio coi confini
trasparenti, mutevoli sull’anima che muta.

Era di zagara soave il suo passo sul sentiero
nel verde fogliame e sopra i rovi,
quando giungeva all’improvviso qualche stilla
dell’orgasmo del cielo, un solo fiotto.
Scioglieva lo spasimo la sua bocca
in ogni falla, ad ogni incrinatura.
Sirà le oltrepassava l'anima vergine,
sul dorso la falce della luna.
E al primo albore ancor si dimenava
nel suo corpo di zagara e di spuma.


Poesia pubblicata sul sito "Scrivere"  il 16/08/2015

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